Tartufi News

Salse tartufate e specialità gastronomiche al tartufo: tanti prezzi, poca informazione

Che i produttori di specialità gastronomiche al tartufo stiano affiorando in maniera esponenziale negli ultimi anni è un dato di fatto.

L’internazionalizzazione del tartufo fresco ha portato, infatti, a un aumento capillare delle aziende di tartufi sul territorio europeo.

Alcune di queste sono specializzate nella produzione di lavorati di fascia bassa, con vendita diretta ai più importanti settori della GDO che, per forza di cose, impone prezzi irrisori a fronte di quantitativi esorbitanti oppure a un pubblico poco informato, convinto di poter degustare un prodotto gastronomico al tartufo qualitativamente alto, spendendo pochi euro.

Altre addirittura prevedono l’impiego di tartufi e materie prime d’èlite, la cui vendita è destinata per la maggior parte al commercio elettronico o all’alta gastronomia nazionale ed estera che si declina a sua volta in ristoranti di livello alto, a botteghe specializzate in prodotti di nicchia e a un pubblico che cerca la qualità, a cui il medico non ha prescritto di mangiare tartufi o salse al tartufo ma che quando ha voglia di farsi una “coccola” al tartufo, vuole farlo con il meglio che il mercato propone, spendendo quel tanto in più che a una “coccola” è sempre concesso.

All’interno dei cataloghi aziendali o lo shop di un e-commerce di tartufi freschi, le specialità proposte sono spesso simili da azienda a azienda, eppure con prezzi diversi.

Ogni azienda cerca di valorizzare al massimo il proprio marchio e le proprie ricette: c’è chi valorizza il prezzo basso (salsa tartufata da 80g a 4 euro!), c’è chi valorizza i servizi accessori (per questo mese spese di spedizione gratuita!), c’è chi valorizza il nome ( “La nostra azienda si occupa da tartufi dai primi del Novecento!”).

Infine ci sono aziende come Moscato Tartufi che cercano di valorizzare altro. Il messaggio che vogliono trasmettere certe realtà potrebbe confidenzialmente tradursi così.

Non voglio venderti un prezzo, non voglio venderti la mia storia, non voglio nemmeno regalarti un affettatartufi professionale se compri 200 euro di tartufo bianco a settembre.

Voglio solo aiutarti a vivere un’esperienza, diversa da quelle che hai vissuto finora, in cambio di un prezzo giustificato dalla qualità delle materie prime impiegate e a tutto ciò che c’è dietro la mia azienda che, fieramente, rappresento.

Prova a leggere la lista degli ingredienti che ti sto proponendo: è magrissima, prevede l’impiego di materie prime fresche e non congelate, tutte italiane e tutte ultra selezionate.

Ti diletti a cucinare? Scopri tutte le nostre ricette al tartufo

Non ti sto vendendo il miglior olio extra-vergine d’oliva del mondo, perché il miglior olio extra-vergine d’oliva del mondo non si presta bene ad essere aromatizzato con aromi di qualità o col tartufo in infusione, ma gli anni che ho impiegato per la selezione di quest’olio e per il suo connubio con altri prodotti per la realizzazione delle mie ricette, ti permettono senza dubbio di avere uno tra i migliori olii extravergini aromatizzati al tartufo presenti sul mercato.

Proprio così, perché col mio olio, con la mia salsa, col mio carpaccio e con tutti gli altri prodotti dello shop, non avrai problemi di digeribilità, non avrai la bocca amara e soprattutto la notte dormirai beatamente anche se ti sarai concesso una coccola con la mia crema di carciofi e tartufo che una volta aperta raramente torna in frigo per essere riutilizzata.

Goditi la tua esperienza dalla gestione dell’ordine alla degustazione finale ma, se hai un budget prefissato, se non sei incline a vivere un’esperienza unica o se semplicemente ti fidi del minimarket sotto casa, il mio invito è quello di abbandonare il sito.

Si tratta di quelle aziende che hanno fatto una singolare scelta imprenditoriale: ritagliarsi un mercato ristretto avendo meno concorrenti rispetto a quelli con cui bisogna confrontarsi abitualmente in settori più ampi. Come?

Investendo nella qualità e nell’ottimizzazione dei costi. Proprio così: cercare di fornire il miglior tartufo sul mercato, dedicandosi interamente a quel 10/15% di potenziali clienti che ricercano la qualità assoluta e un servizio serio, preciso e puntuale.

Apparentemente potrebbe sembrare una percentuale bassa, ma se si pensa che bisogna contendersela con un numero basso di aziende concorrenti per qualità, è qui che questa strategia imprenditoriale inizia ad avere un senso.

Si tratta di aziende, come Moscato Tartufi, che hanno fatto della qualità e della selezione dei tartufi e delle materie prime la propria mission aziendale.

In un periodo in cui ogni giorno vengono arrestati decine di imprenditori del tartufo per frode alimentare, in quanto il più delle volte si riportano in etichetta informazioni fuorvianti o del tutto menzognere (salse al tartufo senza tartufo, olio di semi anche se si legge olio extravergine o diciture strane quali “infuso di tartufo”), distinguersi per qualità resta una scelta saggia, che rende l’azienda fiera del lavoro che fa, guadagnando meno delle grandi industrie ma potendo confrontarsi a testa alta direttamente col cliente finale.

Ricordate, cari lettori, che per ogni prodotto al tartufo a basso prezzo, c’è un prodotto di qualità incerta, un fornitore di materie prime non pagato, una frode alimentare in corso o un’azienda di benefattori che lavorano rimettendoci. Sull’ultima considerazione, però, è lecito avere dubbi.

DPCM 26 APRILE 2020: Si può andare a tartufi?

L’interpretazione giuridica di Moscato Tartufi e la manovra imprenditoriale per salvare i cavatori professionisti da un’incombente e spiacevole crisi economica.

L’emergenza sanitaria da COVID19, grazie alle misure restrittive e di contenimento dei contagi che si sono adottate nel periodo di quarantena che riguarda tutta la penisola da ormai un mese e mezzo, inizia ad essere sotto controllo.

Questo significa che la luce in fondo al tunnel, seppur fioca, inizia a intravedersi.

La vita normale, il “liberi tutti”, però, è ancora un sogno.

Per questo motivo, con DPCM 26 aprile 2020, il Presidente del Consiglio dei Ministri, Prof. Giuseppe Conte, ha inaugurato la cosiddetta “fase 2”, vale a dire quella di convivenza con il virus, permettendo un (seppur monitorato) allentamento delle misure restrittive.

Ciò si traduce nella riapertura di alcune attività, soprattutto industriali e produttive come quelle dell’industria manifatturiera, delle imprese edili e di tutte le attività di supporto alla filiera; ma si traduce anche nella possibilità, per i cittadini, di iniziare ad assaporare un leggero senso di libertà.

Sarà possibile, a partire dal 4 maggio, svolgere attività motoria all’aperto nel rispetto del divieto di assembramenti e dell’obbligo di mantenere la distanza di sicurezza e di indossare i dispositivi di protezione individuale (guanti e mascherine) che, come è stato annunciato, tra non molto avranno un prezzo calmierato e accessibile da tutti (si parla di € 0,50 per le mascherine chirurgiche ed è in forse la possibilità di abbassare o annullare l’IVA, attualmente al 22%).

Si potranno inoltre svolgere le funzioni funebri, possibilmente all’aperto, ma la partecipazione è limitata ai congiunti del defunto in numero massimo di 15 persone.

Sarà concesso inoltre l’attività di asporto per quel che concerne il settore Ho.Re.Ca., davvero in forte difficoltà se consideriamo il lock down totale per le attività di somministrazione (bar, pub, caffetterie, pasticcerie ecc.), la mancanza di incassi per circa l’80% per i ristoranti (che finora hanno potuto effettuare soltanto consegne a domicilio, dimenticando i progetti primaverili quali pranzi all’aperto, turisti, feste di laurea, rinfreschi, eccetera) e la totale assenza di fatturato per quanto riguarda gli stabilimenti balneari, gli hotel e le sale ricevimento specializzate in matrimoni, comunioni, eventi mondani.

Sarà possibile però effettuare l’asporto, vale a dire recarsi nel locale (ottemperando al divieto di non assembramento), ordinare il pasto e consumarlo a casa, in ufficio e ovunque sia permesso.

Novità importante per quanto riguarda gli spostamenti, che restano possibili solo per motivate e comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità o per motivi di salute: orbene tra le situazioni di necessità, questa volta, è annoverata anche la visita ai congiunti all’interno della propria regione: il pranzo della domenica è ancora un sogno, ma i figli potranno spostarsi per far visita ai genitori, indossando mascherine ed evitando assembramenti con altri membri della famiglia.

Quello che, però, riguarda il nostro settore, è questo: I raccoglitori occasionali di tartufo, sprovvisti di partita Iva, possono andare a cercare i tartufi, per hobby o per lavoro ferma restando la regola madre del tesserino e del rispetto della normativa vigente?

Stando a quello che viene riportato nel Decreto, “si potrà andare al mare per nuotare e fare passeggiate in montagna: attività motorie da soli o al massimo in due, ma non ci si potrà trasferire nelle seconde case”; ancora “Sarà concesso passeggiare anche lontano dalla propria abitazione, purchè a distanza dagli altri. Parchi e giardini pubblici riapriranno […] i sindaci potranno attuare restrizioni”.

Il decreto è poco chiaro, ma è anche vero che mai parlerà di funghi e tartufi, nemmeno per le riaperture stimate del 18 maggio e del 1 giugno.

Per questo motivo non ci resta che un’interpretazione giuridica: considerare i cavatori come commercianti della filiera alimentare se provvisti di partita iva e come hobbisti (sportivi) se sono raccoglitori occasionali.

Questo riguarda anche la raccolta di asparagi, funghi, frutti di bosco, ma anche caccia e pesca.

Il consiglio che rivolgiamo ai cavatori è quello di inviare una mail al comando dei carabinieri forestali del proprio distretto, in modo da vederci chiaro e poter permettere ai propri amici a quattro zampe di uscire dalla quarantena e di riprendere le sane e vecchie abitudini che derivano dalla ricerca del tartufo, qualora questa possa essere considerata attività motoria.

Il termine esatto sarebbe “hobby” o “svago”, ma questi termini non sono ancora annoverati in alcun decreto.

Ovviamente il settore della ristorazione e della gastronomia, soprattutto quella di lusso in cui rientra anche il tartufo, è in piena crisi economica.

I ristoranti non apriranno prima di un mese (se tutto andrà bene), il rischio di lock down again (chiudere tutto di nuovo) è dietro l’angolo e potrebbe essere messo in atto dalla sera alla mattina nel momento in cui si supereranno i picchi del contagio predisposti dal Governo, coadiuvato dal Consiglio Sanitario Nazionale).

Ancora, sicuramente quando i ristoranti riapriranno avranno ben poca voglia di investire nel tartufo e in altre materie prime costose e deperibili (ricordiamoci del lock down again). Molti, addirittura, non riapriranno nemmeno.

Insomma, cari utenti, cari cavatori, cari amanti del tartufo e addetti ai lavori, il nostro settore ripartirà solo quando ci sarà una cura, un vaccino, che possano riportare il tutto alla normalità permettendoci di lavorare a pieno regime.

Una cosa è certa, però, noi aziende possiamo uscire e possiamo ritirare i prodotti: sarà difficile la gestione e l’organizzazione delle visite presso i cavatori, ma noi ci saremo.

Non abbandoneremo i nostri cavatori e siamo pronti ad aiutarli.

L’unico modo per aiutare un padre di famiglia che va a tartufi per sfamare la famiglia e condurre una vita tranquilla, è garantirgli il lavoro e dargli dignità.

Per questo motivo Moscato Tartufi ha deciso, qualora fosse possibile per i cavatori recarsi in montagna per la raccolta dei tartufi, di riprendere e garantire il ritiro del prodotto fresco settimanalmente, anche se il mercato è totalmente fermo, le richieste sono pari allo zero e il telefono non squilla da 45 giorni.

Sarà un grande sacrificio per la nostra azienda, soprattutto economico, ma noi ci siamo.

Da settimane si parla tanto di aiuti economici, donazioni, casse integrazioni, bonus, Europa, Stati Uniti, miliardi su miliardi di euro…

Le nostre donazioni le abbiamo fatte in silenzio, ma è arrivato il momento di aiutare il nostro settore a ripartire; e ripartire significa investire nelle risorse umane e nella qualità del prodotto.

Continuate a seguirci sui nostri social come Facebook e Instagram. La ripartenza potrebbe essere vicina, anche se non sembra.

Ripercussioni Corona Virus nel mondo del tartufo: si può andare a tartufi?

Vademecum per gli addetti ai lavori e l’appello di moscato tartufi all’opinione pubblica

Il COVID-19, è ormai ufficiale, ha costretto il Governo italiano a porre la penisola italiana in stato di protezione con D.P.C.M. “Resto a casa” 9 marzo 2020.

Il decreto prescrive, a scopo preventivo:

  1. La chiusura delle scuole con sospensione dell’attività didattica, per ogni ordine e grado, fino al 3 aprile 2020;
  2. La chiusura dei locali di ristoro e ricreazione dalle 18.00 alle ore 6.00, obbligando i gestori a garantire la distanza di sicurezza tra avventori di almeno un metro;
  3. La chiusura delle attività esercitate su superfici vaste, superiori a 250 mq (ad es. discoteche);
  4. La chiusura nel week-end dei centri commerciali e delle attività che insistono su superfici superiori ai 250 mq (ad es. negozi presso centri commerciali);
  5. Di evitare assembramenti;
  6. Di evitare spostamenti se non strettamente necessari e giustificati tramite autocertificazione per motivi di necessità, urgenza, salute o lavoro;
    Di circolare con assoluta precauzione all’interno del Comune di residenza solo per le motivazioni di cui al punto 6 ;
  7. Di limitare le uscite, anche all’aria aperta, per futili motivi.

Ferma restando la possibilità di recarsi sul posto di lavoro e di circolare per motivi lavorativi anche fuori dal Comune o della Regione di residenza, autocertificando le motivazioni e comunque assumendosi qualsiasi responsabilità civile e penale per dichiarazioni false e mendaci, andiamo insieme a cercare di capire come il mondo del tartufo possa far fronte alle limitazioni imposte dal Decreto Ministeriale e cosa i cercatori di tartufi e le aziende che da essi ritirano la merce, devono sapere.

Prima di tutto bisogna considerare che il tartufo può essere raccolto solo da cittadini muniti di tesserino e con massimo due ausiliari a quattro zampe. Il tesserino, c’è da dire, ha validità nazionale.

Per questo motivo, generalmente, il tartufo può essere cavato in tutta Italia, purchè si rispetti il calendario ed altre disposizioni imposte dalla regione in cui ci si reca in termini di quantitativo giornaliero, forma del vanghetto, calendario di raccolta, specie da raccogliere.

Il versamento annuale per il rinnovo del tesserino, inoltre, permette al cercatore occasionale di tartufi, di poter vendere ad aziende e privati quanto raccolto, attraverso il versamento di una ritenuta d’acconto del 23% sul 78% dell’imponibile concordato tra le parti. Questo vale per tutti.

Da gennaio 2019, però, le cose sono cambiate: versando un’imposta sostitutiva di € 100,00, il cercatore occasionale di tartufo può vendere liberamente il proprio raccolto, senza la sottrazione da ritenuta d’acconto e senza pagare imposte fino a un imponibile netto di €7.000, anche se quest’ultimo non è il reddito principale dichiarato dal soggetto.

Per questo motivo, in molti hanno pensato di investire in cani da tartufo, auto a trazione integrale e scarponi da montagna, considerando la cerca del tartufo come “secondo lavoro per arrotondare” o addirittura come attività principale per vivere giorno per giorno e combattere il tasso di disoccupazione (soprattutto giovanile) che negli ultimi anni è cresciuto in maniera esponenziale.

Ma ai tempi del Coronavirus, come sono da intendersi le nuove disposizioni per il mondo del tartufo?

Per rispondere alla domanda di cui sopra, il punto di vista giuridico è il seguente:

Non essendo “la cerca del tartufo” considerata “attività lavorativa necessaria per garantire il sostentamento familiare”, ma solo e semplicemente “attività occasionale” quindi hobby nonostante il tesserino e la possibilità di vendere il raccolto, i cavatori non possono spostarsi dai comuni di residenza per reperire il prodotto e di conseguenza rifornire le aziende all’ingrosso e i commercianti locali che ad essi si rivolgono per garantire la distribuzione del prodotto alle industrie e ai clienti.

Allora chi può recarsi a raccogliere i tartufi?

Solo i piccoli imprenditori, iscritti al registro delle imprese, che prevedano all’interno del codice ATECO lo sfruttamento delle aree forestali a scopo di cerca del tartufo.

Sono esenti dalle limitazioni di cui sopra gli imprenditori della tartuficultura. La tartufaia coltivata, quindi, è da considerarsi “luogo di lavoro”.

Le aziende possono recarsi dai cercatori occasionali o presso le tartufaie coltivate per il ritiro della merce?

Certo, con autocertificazione, giustificando lo spostamento, al pari dei corrieri, evitando assembramenti presso le squadre di cavatori e mantenendo la distanza di sicurezza evitando strette di mano.

Ci teniamo a precisare che, pur essendo dotati di furgoni refrigerati con trasporto merci e conto terzi, essendo quindi autorizzati a circolare in tutta Italia per il ritiro e la consegna dei tartufi, nonché per le spedizioni ai nostri partner commerciali all’estero, Moscato Tartufi ha sospeso qualsiasi ritiro e consegna di merci all’ingrosso, per tutelare e prevenire qualsivoglia rischio di contaggio da e verso clienti, fornitori, privati cittadini acquistando, limitatamente ad ordini online e dall’estero, lo stretto necessario per fronteggiare i costi commerciali e industriali e limitatamente alle zone del Comune di Ravenna, dove insiste la nostra sede. E’ garantita la spedizione dei prodotti conservati a base di tartufi.

Per questo motivo, al di là del parere giuridico e di interpretazione rispetto al nuovo Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, volto comunque a far luce su troppi dubbi da parte di cavatori indecisi e aziende in difficoltà, il nostro consiglio è quello di attenersi scrupolosamente a quanto prescritto, restando assolutamente a casa.

Comprendendo che questo articolo verrà letto anche da parte di chi non rientra nel mondo del tartufo, il nostro appello è esteso a tutti.

Signori, il coronavirus non è letale per il 90% dei contagiati.

E’ letale la mancanza di posti letto e di reparti di terapie intensive. E’ letale per tutti, se pensiamo che tra un mese si stima una crescita esponenziale del fenomeno tale da costringere a trascurare le emergenza di routine (infarti, ictus, traumi da incidenti stradali…).

Oppure pensate che esista solo il coronavirus e che il resto delle patologie si sia fermato?

Pensiamo ai nostri nonni: cosa succederebbe se, in un periodo di totale emergenza come questo, il femore cedesse?

Pensiamo a noi stessi: cosa succederebbe se cadessimo dalle scale e ci fratturassimo la caviglia o riportassimo un trauma cranico?

Pensiamo ai nostri genitori: cosa succederebbe se i nostri padri o le nostre madri fossero colpiti da infarto o ictus?

Pensiamo ai nostri figli, fratelli, cugini, amici: cosa succederebbe in caso di incidente stradale?

La risposta è una: posti in ospedale non ce ne sono a causa del virus e il rischio che noi, con i nostri genitori, i nostri nonni, i nostri figli, fratelli, cugini, nipoti e amici saremo (in breve tempo) trascurati per mancanza di posti letto e di terapie intensive, è più alto di quello che possiate pensare.

Ai nostri genitori veniva chiesto di andare in guerra, a noi ci stanno chiedendo di stare sul divano e di uscire solo se è indispensabile. Gli aiuti economici arriveranno, siate positivi, e tra qualche settimana tutto questo sarà finito e potremo riprendere le sane e vecchie abitudini.

Ma per il momento state a casa. Ne va della vita di tutti.